Non è semplice mantenere un’alimentazione bilanciata 365 giorni l’anno. A tutti capita di avere dei periodi di stress, nei quali non si riesce a seguire un piano alimentare ponderato. In quei momenti infatti, è fisiologico il bisogno del cosiddetto “comfort food”. Il suo desiderio aumenta quando si è stanchi, o abbiamo appena avuto una giornata no.
La rivista Appetite ha pubblicato uno studio che ha evidenziato anche una componente “sociale” per ciò che riguarda il cibo che fornisce conforto: molte volte viene associato a ricordi o emozioni positive, e quindi ne siamo attratti quando siamo giù di morale.
Quando non si dorme, gli ormoni della fame vanno in subbuglio, amplificando la voglia di mangiare. Un consiglio può essere mangiare ogni 3-4 ore cibi che aiutano a mantenere i livelli di energia stabili. Il giusto mix di carboidrati complessi, proteine e grassi sarà utile per fornire i giusti nutrienti al cervello: pensiamo a fiocchi d’avena con noci e mirtilli, pane integrale con avocado e uovo, ecc. Sarebbe utile stare lontano dagli zuccheri, poiché l’appagamento sarebbe solo ed esclusivamente passeggero. Meglio consumare cibi sani quindi, evitando junk food di ogni sorta e facendone così scomparire anche il desiderio, col passare del tempo.
Un’altra causa che ci spinge verso il comfort food è il clima invernale. È scientificamente provato che, durante la stagione fredda, il nostro organismo ha bisogno di più cibo; ovviamente non si parla di alimenti sani, bensì ricchi di grassi saturi e ad alto tasso calorico. Questi saziano più a lungo e danno maggiore energia, tuttavia il loro apporto calorico è doppio rispetto a carboidrati e proteine semplici.
Parliamo soprattutto di carboidrati raffinati o al sopracitato zuccheri, e ad essi sono associati aumento di peso, infiammazioni e, soprattutto, diabete. Badate bene, non stiamo dicendo che sia giusto eliminare del tutto il comfort food (cosa fisiologicamente difficile), ma porsi dei limiti. I grassi saturi non dovrebbero costituire più del 10% delle calorie giornaliere, mentre il consumo di sale quotidiano non deve superare i 2.300 milligrammi.
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